Quando si parla di Mobilità sostenibile, sul tavolo ci sono molti elementi. Dagli incentivi statali, alle nuove tipologie di auto ibride ed elettriche, fino alle normative che occorre implementare per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda ONU 2030. Per tenere il tema ancorato ai risultati concreti per i cambiamenti climatici, occorre considerare un parametro essenziale: quello delle emissioni CO2 nell’aria.
Qual è la situazione attuale e quali strategie sono in atto per ridurre le emissioni di gas serra e quanto incidono le emissioni CO2 delle auto?
Emissioni CO2, la situazione in Italia
La riduzione delle emissioni di CO2 in Italia è possibile.
Nel nostro Paese, nel 2020 si è registrata una diminuzione del 9,8% rispetto all’anno precedente. Questo dato va in parallelo con una decrescita del PIL dell’8,9%, in ragione del fermo di alcune attività per le misure di contenimento del Covid-19.
Tuttavia, a fronte della ripresa delle attività economiche nel 2021, la situazione in Italia per quanto riguarda la qualità dell’aria potrebbe peggiorare. Ad avvalorare questa previsione è l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che stima, per quest’anno, un incremento dello 0,3% delle emissioni di CO2 nel Paese.
Per quanto riguarda la percentuale delle emissioni CO2, infatti, la penisola italiana si attesta su risultati inferiori rispetto agli membri dell’UE. Prendendo come riferimento il 2019, ad esempio, mentre nel resto dell’Europa è stato registrato un calo del 3,8% delle emissioni sull’anno precedente, in Italia sono scese solo del 3%.
Prendendo come riferimento il 1990, parimenti l’Italia registra un gap in negativo con un -23% di emissioni contro il 25,1% della media europea.
Questo si spiega in parte con il leggero ritardo con il quale l’Italia si sta muovendo verso la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sarebbe poi necessario poi un generale miglioramento della gestione delle risorse, anche in termini di normative. Si tratta di processi di trasformazione che richiedono sforzi considerevoli sul lungo periodo, ma con un ritorno inestimabile: migliorare la qualità dell’aria che respiriamo e fermare l’effetto serra con il conseguente innalzamento delle temperature che in Italia registriamo ormai da diversi anni.
I dati più recenti sono del secondo trimestre del 2022: da questi si evidenzia un incremento delle emissioni di gas serra come conseguenza della ripresa della mobilità e delle attività economiche. Le previsioni indicano un aumento del PIL su base annua del 4.6%, mentre per le emissioni tendenziali di gas serra si stima un incremento del 1.6% per lo stesso periodo.
Le emissioni di CO2 nel mondo
Nel 2020, tutti gli Stati Membri hanno registrato un calo considerevole, soprattutto in Paesi quali Grecia (-18,7%), Estonia (-18,1%) e Lussemburgo (-17,9%).
Globalmente, l’anno della pandemia ha visto una diminuzione dell’8,8% delle emissioni di CO2 nel mondo, valore che corrisponde a circa 1.5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in meno rilasciate nell’atmosfera. A concorrere a questo dato, l’arresto forzato del settore dei trasporti, che ha toccato il -40%, così come di quello energetico e di quello industriale, con un calo del 22% per il primo e del 17% per il secondo.
Anche sui dati globali, quindi, troviamo conferma di una sostanziale dissociazione tra i valori del PIL/produttività e la riduzione delle emissioni CO2.
La situazione attuale è ben lontana dagli obiettivi dell’Agenda 2030, come dimostra il rapporto 2019 stilato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, in cui si registrano emissioni mondiali per ben 33 miliardi di tonnellate (Gt) di CO2.
Stati Uniti, Canada e Europa, insieme ad Arabia Saudita, Israele e Giappone sono i principali emettitori pro capite di anidride carbonica a livello mondiale negli ultimi 50 anni. Il conteggio pro-capite è quello che misura in modo più accurato l’impatto di ciascun Paese in termini di consumi. Al contrario, valutando i valori assoluti, si potrebbe indicare la Cina come principale responsabile delle emissioni del Pianeta, se si considera una produzione di circa 9,481 Gt di anidride carbonica che quasi raddoppia quella degli USA, pari a 4,888.
Anche nel 2021 la Cina è di gran lunga il Paese che ne ha prodotte di più: il 33% del totale nel 2021. Da sola, supera la somma delle quattro economie che la seguono: Stati Uniti (12,5%), Unione Europea (7,3%), India (7%) e Russia (5%). (Fonte: Report 2022 CO2 emissions of all world countries)
Tuttavia, al di là delle classifiche che valutano chi consuma di più e chi inquina di più, è chiaro ormai il bisogno di compiere un’inversione di rotta. Da dove partire?
Occorre innanzitutto individuare le principali cause delle emissioni di anidride carbonica.
Emissioni CO2: le cause

L’anidride carbonica (CO2) rappresenta il principale gas che concorre all’effetto serra e quindi al riscaldamento del Pianeta. La CO2 è presente in modo naturale nell’atmosfera, ma dagli inizi dell’era industriale la sua concentrazione è aumentata del 40% a causa delle attività dell’uomo e questo incide del 63% sul processo di riscaldamento globale. Il metano, in parallelo, è responsabile del 19% del riscaldamento globale di origine antropica, mentre l’ossido di azoto del 6%.
Tra le attività dell’uomo che maggiormente comportano l’aumento di emissioni CO2 possiamo considerare:
le centrali elettriche, gli impianti industriali, gli allevamenti intensivi di bovini e ovini. Anche la deforestazione ha un peso, dal momento che - come è noto - gli alberi assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno, regolando il clima e filtrando l’aria.
Come riporta Eurostat osservando i dati dell’Unione Europea, le emissioni di anidride carbonica (CO2) che derivano dal consumo di energia (carbone, petrolio, gas) costituiscono circa il 75% di tutte le emissioni di gas serra prodotte dall'uomo.
La produzione di idrocarburi è dunque quella che dà il contributo più elevato al totale delle emissioni globali. Occorre dunque investire in soluzioni e tecnologie più costose ma meno nocive per l’ambiente, quali, ad esempio, energie alternative e trasporti a ridotte o zero emissioni.
Anche i trasporti infatti giocano un ruolo chiave nel percorso verso un mondo più sostenibile.
Emissioni CO2: il ruolo dei trasporti e della mobilità
Tra i comparti che incidono sulle emissioni di gas serra — e che dovrebbero adottare delle misure concrete per decarbonizzare il consumo dell’energia globale — troviamo appunto:
i trasporti stradali (11,9%), seguiti dagli edifici residenziali (10,9%), e dalla produzione di ferro/acciaio (7,2%).
Andando a dettagliare la voce delle emissioni delle automobili, la quota più elevata (60%) è da attribuire ai veicoli passeggeri quali automobili, moto e autobus e, nella fattispecie, ai veicoli più datati, dunque maggiormente inquinanti.
Come riporta l’Agenzia Europea per l’Ambiente:
Attualmente i trasporti sono responsabili di oltre un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE e non è prevista un’inversione di tendenza. Ciò rende il settore dei trasporti un grosso ostacolo alla realizzazione degli obiettivi dell’UE in materia di protezione del clima. Autovetture, furgoni, camion e autobus producono oltre il 70 % delle emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti. La quota restante proviene principalmente dal trasporto marittimo e aereo.
I trasporti continuano a costituire anche una fonte significativa di inquinamento atmosferico, soprattutto nelle città. Gli inquinanti atmosferici, come il particolato (PM) e il biossido di azoto (NO2), danneggiano la salute umana e l’ambiente.
Sebbene l’inquinamento atmosferico provocato dai trasporti sia diminuito nell’ultimo decennio grazie all’introduzione di norme di qualità per i carburanti, alle norme EURO sulle emissioni dei veicoli e all’uso di tecnologie più pulite, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate.
È proprio con l’obiettivo di accelerare in modo concreto la decarbonizzazione progressiva dei trasporti che è intervenuta l’UE con direttive specifiche.
Le richieste prevedono migliori e maggiori trasporti pubblici, circolazione limitate per veicoli obsoleti e molto inquinanti; il tutto portato avanti in parallelo all’erogazione di incentivi per un progressivo passaggio a veicoli a zero emissioni.
Tutte le azioni dell’UE e degli Stati Membri relative alla riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti rientrano nel programma varato nel 2016 per la «Strategia europea per una mobilità a basse emissioni». Quindi, come ridurre le emissioni di CO2?
L'impegno per ridurre le emissioni di CO2
Il 24 giugno 2021, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la Legge sul clima che mira alla riduzione delle emissioni di almeno il 40 % entro il 2030 e alla neutralità climatica dell’UE entro il 2050.
Le modalità per ridurre le emissioni di CO2 sono varie e chiamano in causa diversi scenari. Tra le varie iniziative, ci sono la revisione della tassazione dell'energia, la modifica della direttiva sulle energie rinnovabili, sull'efficienza energetica e sulla diffusione delle infrastrutture per i combustibili alternativi. Infine, verrà rinnovato e implementato il regolamento che stabilisce gli standard di prestazione delle emissioni di CO2 per le nuove autovetture e per i nuovi veicoli commerciali leggeri.
Sono moltissime le realtà pubbliche e private che stanno investendo risorse importanti per rispondere alle sfide lanciate dall’Europarlamento.
SIFÀ aderisce ai valori dell’Agenda 2030 ed impegnata nella missione di guidare il cambiamento verso una mobilità più moderna, sostenibile ed etica.
Per questo, integra nelle proprie attività delle iniziative concrete volte alla tutela dell’ambiente, al risparmio energetico e alla riduzione dell’impatto ambientale.
Questo impegno parte dall’osservazione delle nuove abitudini connesse ai trasporti, per tradursi in soluzioni di mobilità sostenibile progettate sulla base delle necessità specifiche di ciascun cliente, con una consulenza specifica sulle tipologie di alimentazione più adeguate.
In SIFÀ la sfida per costruire una mobilità più sostenibile assume una forma concreta con il progetto “Circular Mobility”, innovativo paradigma ispirato ai principi dell’economia circolare.
Circular Mobility significa innanzitutto coinvolgere tutti gli attori della filiera automotive: case costruttrici, fornitori di materiali, noleggiatori, gestori di flotte, gestori di piattaforme dati, chi si occupa di riciclo.
Tutti sono chiamati a contribuire, in una visione di sistema, per costruire una mobilità sempre più smart e sostenibile.
Ma l’attivazione di tutta la filiera automotive da sola non basta. Il modello Circular Mobility mette l’accento sulla necessità di pratiche e iniziative condivise, a partire dall’implementazione delle infrastrutture di ricarica, la cui presenza condiziona la diffusione dei nuovi modelli di mobilità. La transizione all’elettrico deve essere supportata da una presenza adeguata delle colonnine sul territorio, oltre che dalla ricerca tecnologica verso altre soluzioni, come la ricarica wireless e quella più conveniente presso il proprio domicilio. Parimenti, la legislazione è un fattore cruciale che si ripercuote su tutta la filiera dell’auto e, come stiamo osservando nel corso degli ultimi mesi, può favorirla attraverso incentivi oppure ostacolarla con norme penalizzanti.
Inoltre, in ogni fase della “Circular Mobility” è necessario:
- definire indicatori chiave di prestazione (KPI)
- sviluppare strumenti efficaci per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati.
Al centro di tutto il progetto, troviamo le persone. Sono i comportamenti e le scelte degli individui e delle aziende che, scegliendo i nuovi veicoli a emissioni zero e aderendo ai nuovi servizi di trasporto, influiscono sulla costruzione della mobilità del futuro.
Mobilità a zero emissioni: verso un futuro più pulito

Con “veicoli a emissioni zero” si intendono i mezzi di trasporto che prevedono l’utilizzo di energia senza produzione delle emissioni tipiche della combustione con mezzi a motore termico, anidride carbonica in primis.
Le aree urbane si stanno riorganizzando per favorire la scelta di coloro che decidono di spostarsi in bicicletta, o e-bike, con i mezzi pubblici a trazione elettrica, o anche a piedi. Per chi deve percorrere distanze maggiori, invece, una risposta concreta per una mobilità a zero emissioni di CO2 dalle auto arriva oggi dalle auto ibride ed elettriche e si stanno già prospettando nuovi scenari per il futuro, con l’adozione dell’idrogeno.
La scelta di acquistare veicoli elettrici, o di adottare un parco auto ibride o elettriche in caso di Noleggio a Lungo Termine aziendale, è ancora percepita come fortemente innovativa, laddove ormai i limiti legati alla carenza di infrastrutture stanno trovando risoluzione.
I vantaggi, peraltro, sono considerevoli.
È possibile approfondire possibilità e limiti delle auto elettriche in questo articolo, ma in generale si piò affermare che la mobilità elettrica – che prevede, fra i vari vantaggi, una significativa riduzione dei costi di gestione e manutenzione — rappresenta una possibilità concreta per compiere un balzo in avanti verso una mobilità a zero emissioni e un futuro più pulito.
Per ulteriori approfondimenti sulla mobilità elettrica potete consultare: