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Economia Circolare e Industria 4.0: verso la sostenibilità ambientale

10 Giugno 2021

L’Economia Circolare costituisce un nuovo paradigma economico emergente in grado di sostituirsi ai modelli produttivi incentrati su una visione lineare, puntando a una riduzione degli sprechi e a un radicale ripensamento nella concezione dei prodotti e nel loro uso nel tempo. Una sfida molto ambiziosa sia per il sistema produttivo sia per la società, in quanto richiede di adottare attività e processi di produzione e di consumo che siano sostenibili e in grado di gestire in modo consapevole ed efficiente le risorse del nostro pianeta.

Questa transizione verso un tipo di economia circolare può essere facilmente favorita dallo sviluppo delle tecnologie digitali connesse all’Industria 4.0, ovvero alla quarta fase industriale che stiamo attraversando in questo momento, basata sul mix tecnologico di robotica, sensori, connessioni alla Rete, programmazione e opportunità dell’Internet of Things (IoT). Queste tecnologie aprono nuovi spazi di innovazione per la progettazione e produzione più sostenibile, così come per la realizzazione di processi che consentano di tracciare il consumo delle risorse e l’utilizzo dei prodotti.

La connessione tra il digitale e l’Economia Circolare potrebbe, infatti, cambiare per sempre il mercato del lavoro, sia dal punto di vista dei processi e delle risorse sia delle persone e delle competenze messe in atto. Il digitale rappresenta il fulcro indispensabile per lo sviluppo delle attività legate a tutto l’ecosistema circolare in quanto l’IoT è in grado di monitorare i cicli di vita di un prodotto, l’analisi di dati può rendere sostenibile la quantità di merce prodotta e grazie agli insights di acquisto e consumo è possibile venire incontro alle esigenze del consumatore in fase produttiva, evitando sprechi e sovrapproduzione. Di seguito forniremo un quadro interessante su come la rivoluzione digitale sia in grado di trasformare la relazione tra produzione e consumo in ottica sostenibile. 

L’era della digital trasformation: l’Industria 4.0

L’Industria 4.0, ovvero la quarta fase industriale basata sulla diffusione delle tecnologie digitali, sta trasformando profondamente il comparto industriale, la gestione aziendale e i modelli produttivi. È il processo di digitalizzazione dei processi e dell’interconnessione delle macchine, definito dagli analisti come “digital transformation”. Questa nuova trasformazione porterà per la prima volta le aziende a confrontarsi con una duplice realtà in quanto si dovranno gestire parimenti le risorse fisiche e le risorse virtuali, considerandole come un unico sistema di produzione aziendale:

  • Si catturano le informazioni dal mondo fisico per creare una registrazione digitale del funzionamento fisico e della rete di alimentazione;
  • Le macchine dialogano tra loro per condividere le informazioni, consentendo un'analisi avanzata e la visualizzazione di dati in tempo reale da più fonti;
  • Si applicano algoritmi e automazioni per tradurre le decisioni e le azioni del mondo digitale in movimenti nel mondo fisico.

Grazie alla capacità di interconnettere e far cooperare le risorse produttive, le tecnologie digitali non solo possono aumentare competitività ed efficienza, ma fanno da leva all’introduzione di nuovi modelli di business, fino a superare la tradizionale distinzione tra prodotto, processo produttivo e servizio grazie all’Internet of Things.

Con lo sviluppo del concetto di Industria 4.0, c’è stato anche un consenso verso la sostenibilità nel campo della produzione. La digitalizzazione, infatti, si configura come un asset fondamentale per la transizione verso un processo di economia circolare, in quanto attraverso le nuove tecnologie sarà possibile monitorare e ottimizzare l’uso delle risorse, ridurre gli sprechi energetici e tenere sotto controllo gli scarti generati nella fase di produzione. L’impatto dell’Industria 4.0, tuttavia, potrà essere rilevante solo se si attua non solo nella dimensione strettamente aziendale, ma nell’intero sistema produttivo.

BIG DATA VS SMART DATA

Quando si parla di Industria 4.0 non si può non trattare anche dei Big Data, elemento cardine da cui dipende la quarta rivoluzione industriale. Ad oggi, ogni dispositivo elettronico consente alle aziende di raccogliere dati sui propri consumatori: i computer, gli oggetti intelligenti, gli smartphone sono in grado di registrare la posizione e le abitudini d’acquisto degli utenti.

Il concetto di Big Data serve a identificare l’insieme dei dati raccolti dalle macchine che, se analizzate correttamente, permettono all’impresa di ottenere numerosi vantaggi. La digitalizzazione, infatti, sta trasformando i sistemi produttivi delle aziende, che abbandonano i vecchi standard a favore di tecniche più efficienti e flessibili. Le fabbriche passano a strumenti di lavorazione automatizzati e intelligenti, in grado di connettersi in rete e di raccogliere molti dati che danno l’opportunità alle aziende di tenere sotto controllo in tempo reale molti settori, risparmiando tempo e soprattutto denaro.

Un’impresa, però, deve essere anche in grado di interpretare i Big Data, ossia di utilizzarli appropriatamente con l’obiettivo di risolvere i problemi e migliorare la produzione. È in questo passaggio che si genera la differenza: da una parte ci sono le pure informazioni raccolte dalle macchine, dall’altra c’è la necessità per l’impresa di analizzare questi dati in modo intelligente, ovvero trasformare i Big Data da un semplice accumulo di dati in elementi di valore: gli Smart Data.

Gli Smart Data rappresentano la parte di Big Data davvero utile all’azienda che dovrà avere dunque la capacità di estrapolare, tra questo enorme insieme, le informazioni più rilevanti, in quanto non tutti i dati aggregati risultano essere necessari per lo sviluppo dell’impresa: senza un approccio intelligente, i Big Data rischiano di restare un mucchio di informazioni senza nessun valore. Dare significato ai dati è, quindi, l’elemento che contraddistingue gli Smart Data, e le aziende dovranno essere sempre più incentivate ad adottare approcci qualitativi – e non quantitativi – in cui le uniche informazioni prese in considerazione saranno quelle intelligenti.

Questa “intelligenza” è quella degli stessi collaboratori che formano un’azienda tramite la quale si potranno prelevare i cosiddetti KPI (Key Performance Indicators), ovvero quelle misure quantificabili e qualificabili che una società utilizza per valutare le sue prestazioni nel tempo.

Non è un caso che proprio in questo momento storico si stiano attivando i processi dell’Economia Circolare e non già a partire dal 2008 quando l’Europa aveva presentato il suo action plan. La transizione verso un tipo di economia più sostenibile sta avvenendo adesso in quanto era possibile attivarla solo nell’era dell’Industria 4.0. Infatti, solo la digitalizzazione e l’implementazione di dispositivi intelligenti possono supportare il passaggio ad un’economia circolare efficace. In particolare, le tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 sono:

  • Big data: elevata e complessa mole di dati, generati dalla tecnologia, acquisiti ed analizzati con strumenti in grado di trasformarli in informazioni con le quali supportare decisioni veloci, flessibili e efficienti.
  • Internet of Things: reti di oggetti fisici interconnessi a livello tecnologico in grado di trasmettere informazioni sul loro stato o sull’ambiente in cui si trovano tramite internet. L’IoT include oggetti, dispositivi, sensori, applicazioni, sistemi per l’analisi dei dati, al fine di costruire nuove interazioni tra: uomo e macchina - MMI (Man-Machine Interaction); macchine - M2M (Machine to Machine);
  • Automation robotics: tecnologia di automazione dei processi basata sui concetti di programmazione dei robot e/o intelligenza artificiale. Le nuove macchine risultano sempre più autonome, flessibili e collaborative, sia tra loro che verso l’uomo, fino ad arrivare a robot con capacità cognitive.

Senza una digitalizzazione e interconnessione di dati, l’Economia Circolare non può essere sviluppata in quanto sono le informazioni generate dalle tecnologie dell’Industria 4.0 a supportare la transizione a questo nuovo modello economico attraverso:

  • Identificazione di opportunità circolari
  • Sfruttamento del loro massimo potenziale
  • Valutazione di benefici e rischi

Modelli di business circolari

Il connubio tra Economia Circolare e Industria 4.0 rappresenta un’opportunità economica da miliardi di dollari che, attraverso le strategie in termini di materiali auto-rigeneranti e le capacità di interconnessione e cooperazione delle risorse produttive, provocherà un aumento della competitività e dell’efficienza e favorirà lo sviluppo di nuovi modelli di business, fino a rivoluzionare interamente l’intero settore industriale. Di conseguenza, la transizione verso un modello di economia circolare dovrà essere guidata da un processo di digitalizzazione dell’azienda che valorizzi la connessione dei prodotti e delle fabbriche, della catena del valore e degli utenti con lo scopo di realizzare un ciclo di produzione più sostenibile possibile, sia a livello economico sia ambientale. Affinché un modello di business abbia successo, inoltre, è necessario che questo sia in grado di creare e catturare valore, generando benefici economici.

L’Economia Circolare nasce dall’esigenza di pensare “green” in qualsiasi campo di business ed è un modello di sviluppo fondato su tecnologie innovative che permettono all’impresa di ricavare benefici soprattutto in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale attraverso:

  • Risparmio dei capitali
  • Riduzione degli sprechi energetici
  • Recupero e riutilizzo dei materiali
  • Connubio tra conoscenze tradizionali e nuove competenze

Tuttavia, bisogna tener presente che non esiste un modello di business unico per tutti. In letteratura, sono stati definiti diversi archetipi di modelli di business circolari, ossia una serie di strutture e “regole” da imitare per implementare nuovi progetti. Però, la diversità tra settori e singoli casi rimane una caratteristica fondamentale.

“Un tavolo a tre gambe”: come si intende il concetto di sostenibilità

Metaforicamente parlando, possiamo associare il concetto di sostenibilità a un unico tavolo a tre gambe dove tutti possono mangiare ma che, senza il giusto supporto, può crollare da un momento all’altro. Le “tre gambe”, ovvero i tre fattori fondamentali per supportare un modello di business più sostenibile, sono:

  • Valore ambientale: risorse/energia rinnovabili, basse emissioni, riduzione dei rifiuti, prevenzione dell’inquinamento (aria, acqua, suolo);
  • Valore economico: profitto, ritorno di investimento, resilienza finanziaria, fattibilità a lungo termine, stabilita;
  • Valore sociale: equità, benessere, comunità, salute, sicurezza, standard di lavoro, sicuro sostentamento.

Il momento che stiamo vivendo è caratterizzato da una forte presa di coscienza sulla situazione in cui si trova il nostro ambiente e sulle conseguenze potenzialmente irrimediabili che potrebbero verificarsi in pochissimo tempo se non cambiamo rapidamente il nostro modo di pensare e agire nei confronti dell’ecosistema.

Il valore economico è un aspetto determinante in quanto se un’azienda non è in grado di produrre degli utili, può generare danni irreparabili. In base a questa constatazione, un’iniziativa come quella dell’Economia Circolare non può essere sviluppata se non si ha la certezza che possa generare un rilevante profitto.

In parallelo, misurare il valore sociale non è affatto semplice perché, attualmente, non si possiedono ancora i mezzi necessari per dimostrare come il modello dell’Economia Circolare abbia anche un impatto sociale positivo nel lungo termine. Il supporto finanziario di miliardi di euro messo a disposizione dall’European Green Deal – piano d’azione promosso dall’Unione Europea volto a incoraggiare l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia più pulita e circolare – verrà concesso solo alle aziende e agli enti che riusciranno a dimostrare come la propria iniziativa possa avere anche un impatto sociale concreto e misurabile. Alcuni esempi sulle aree su cui intervenire per il raggiungimento di tale obiettivo sono:

  • Approvvigionamento delle materie prime: utilizzo di risorse a basso impatto ecologico perché derivanti da prodotti riciclati o da materiale rinnovabili o da iniziative fair trade;
  • Produzione: riduzione di consumi energetici tramite il riutilizzo di risorse idriche; sviluppo di tecnologie basate su principi ecologici; riciclo di scarti ed eccedenze;
  • Logistica: razionalizzazione dei flussi di trasporto; miglioramento del parco mezzi; ottimizzazione degli imballaggi;
  • Promozione.

Quantificazione della sostenibilità

La transizione verso modelli di business sostenibili è un processo complesso che deve essere supportato da opportuni metodi e strumenti per la valutazione quantitativa di benefici e rischi. Pertanto, per raggiungere tale obiettivo, è necessario mettere in atto una nuova metodologia per valutare gli attuali modelli di business e progettare innovazioni atte a migliorarne la sostenibilità attraverso lo sviluppo di cinque fasi:

  • Conoscenza approfondita del settore e dei processi;
  • Selezione di KPI significativi, trasversali e specifici per il settore;
  • Raccolta dati e valutazione dei KPI selezionati;
  • Confronto con target interni ed esterni e con scenari differenti;
  • Sviluppo di innovazione per mantenere/migliorare le performance.

Il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna ha sviluppato un innovativo strumento di visualizzazione che consente di quantificare i flussi di risorse in diversi scenari di business, rendendo immediatamente visibili opportunità nuove e/o inesplorate e fornendo i dati per il calcolo di KPI di interesse (ambientali, economici e sociali). 

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Ogni singola azienda e il suo processo produttivo sono rappresentati come un box rettangolare in cui entrano ed escono risorse più o meno “preziose” (inclusa l’energia). 

Lo stage rappresenta un qualsiasi elemento della filiera (produzione, distribuzione, utilizzo, manutenzione, ecc.) ed è caratterizzato da uno stesso meccanismo di ingresso e di uscita: ingresso di materie prime e uscita di prodotti (finito o rifiuti).

Le materie prime possono essere o vergini o recuperate da materiale in sovrapproduzione o da rifiuto. Il primo dato rilevante da questo grafico è che se un’azienda incrementa l’utilizzo di materie prime provenienti da scarti o rifiuti, diminuirà l’approvvigionamento e lo sfruttamento di materie prime vergini, contribuendo nel suo piccolo a una riduzione dell’impatto ambientale.

Oltre a valorizzare il fattore ambientale, l’azienda in questione, tramite questo nuovo modello di business, raggiungerà anche un’efficienza di processo, ottimizzando il fattore economico: se si riduce il quantitativo di materie prime vergini (nel grafico l’asticella rossa) tramite lo sfruttamento del materiale di scarto o rifiuto già in possesso, l’azienda riuscirà a realizzare esattamente lo stesso prodotto acquistando meno materia prima.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, questi dunque possono essere: riciclati, riutilizzati e trasformati in energia.

Per concludere, questo schema mette in relazione quattro macro indicatori che riguardano tutti i settori:

  • Efficienza energetica
  • Energia rinnovabile
  • Emissioni di CO2
  • Impatto sociale

Lo strumento può essere esteso a tutta la catena di valore e al livello di distretto, coinvolgendo fornitori e clienti, fino ad arrivare al consumatore finale. È inoltre estremamente flessibile e può essere adattato a diversi settori industriali.

Conclusioni

Inserendo questo innovativo strumento di visualizzazione all’interno della filiera possiamo notare che, per un’economia lineare, le risorse corrispondenti a un mondo e mezzo diventano, tra le varie fasi (manufacturing, assembling, distribution and sale, use) completamente rifiuto con un ciclo di vita breve del prodotto finito. Se si parla invece di un’economia circolare, si passa a un utilizzo di risorse corrispondenti a mezzo mondo, con una produzione di pochi rifiuti per un lungo ciclo di vita del prodotto finito.

La sfida per le aziende risiede dunque nel non considerare esclusivamente l’inizio e la fine del proprio processo produttivo (economia lineare) ma di concentrarsi su ogni aspetto legato alla creazione di un prodotto in modo efficiente e sostenibile (economia circolare). In realtà, è proprio il singolo ad essere responsabile di apportare il proprio contributo per la creazione di questo nuovo modello di business che risulta essere, infatti, di:

  • Facile comprensione: i modelli di business circolari possono risultare più complessi in quanto i “confini” dell’economia circolare non sono quelli aziendali, ma sono ampi e non sempre ben definiti. Lo strumento integra questa complessità, traducendola in una struttura visiva, rendendo i concetti e le relazioni tra elementi più concreti.
  • Corrispondenza con la realtà: la rappresentazione grafica deve essere coerente con la realtà per identificare potenziali barriere e inefficienze. Per ogni fase della catena del valore sono identificati materie prime, prodotti finiti, rifiuti e perdite.
  • Rappresentazione di tutti gli archetipi: le aziende devono essere in grado di riconoscere prontamente potenziali modelli di business, confrontandone punti di forza e debolezze rispetto al business attuale. Lo strumento in grado di rappresentare tutti gli archetipi descritti.
  • Quantificazione della circolarità: l’impossibilità di quantificare, misurare e confrontare soluzioni circolari ne limita l’identificazione e l’implementazione. Le aziende usano normalmente degli indicatori per misurare le attività e supportare le decisioni. Lo strumento è in grado di quantificare le iniziative.
  • Adozione del modello per ogni settore produttivo e industriale: lo strumento deve ed è in grado di adattarsi a qualunque settore industriale grazie ai metodi standardizzati su cui si basa, per esempio, l’analisi dei flussi, la gerarchia dei rifiuti, gli archetipi circolari sistematizzati, ecc.
Abbracciare l’Economia Circolare per l’Internet of Things (IoT) diventa ad oggi una necessità, pertanto il sostegno alla ricerca e allo sviluppo sarà fondamentale per modernizzare e rendere più competitivi i processi industriali in continua evoluzione.

L’Economia Circolare, associata allo sviluppo di tecnologie raffinate, sta apportando infatti numerosi vantaggi soprattutto in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale e solo nell’area europea si potrà raggiungere un impatto sorprendente stimato intorno all’1,8 mila miliardi di euro di benefici entro il 2030, con un rilevante aumento del PIL dell’11%. L’utilizzo sempre più ripetuto del connubio Industria 4.0 e IoT porterà a un’ottimizzazione dei processi, all’aumento dell’efficienza, alla riduzione di inquinamento nel sistema di produzione e degli sprechi, apportando di conseguenza un taglio dei costi e un miglioramento in termini di bilanci per le aziende, per non parlare ovviamente anche dell’impatto ecologico di questo nuovo percorso verso un futuro più sostenibile.

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Team Circular Mobility

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