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Batterie auto elettriche: quale futuro?

12 Novembre 2020

Se il fulcro vitale dei veicoli tradizionali è il motore, per le auto elettriche è invece la batteria: elemento imprescindibile per il loro funzionamento perché garantisce, a seconda della sua potenza, valori più o meno elevati di autonomia. Velocità e “durata” dell’auto dipendono infatti dalla performance della batteria che attualmente - insieme alla distribuzione delle stazioni di ricarica e ai costi elevati dei veicoli elettrici – rappresentano i maggiori deterrenti per la diffusione su larga scala di mezzi con questo tipo di propulsione. 

La ricerca tecnologica e gli investimenti che stanno compiendo i costruttori porteranno certamente ad una riduzione dei prezzi delle vetture elettriche nei prossimi anni. Per quanto attiene le batterie, occorrerà lavorare al rafforzamento di due parametri fondamentali: la densità energetica – quantità di energia generata dalla reazione elettrochimica all’interno della batteria e poi convertita in energia elettrica – e dalla vita utile – arco di tempo durante il quale l’auto mantiene livelli di prestazione sufficienti prima che si manifesti il decadimento della performance della batteria.

Permangono tuttavia diversi limiti legati all’alimentazione elettrica che possono scoraggiare l’adozione di questa tipologia di veicoli: il ciclo di vita delle batterie, la loro autonomia e le infrastrutture di ricarica. Approfondiamoli nel dettaglio.

Ciclo di vita delle batterie

I due più rilevanti problemi delle batterie, soprattutto quelle necessarie ad alimentare i veicoli elettrici, risiedono soprattutto nel loro ciclo di vita, e in particolar modo nella fase di produzione, che comporta l’estrazione e l’utilizzo di risorse rare come il cobalto (con impatti importanti sugli ecosistemi e sulle persone), e in quella di smaltimento e riciclo dei materiali di scarto

Fase di produzione

Uno studio condotto nell’ambito dell’iniziativa sulla sostenibilità «Drive Sustainability» ha identificato 16 materie prime che presentano un rischio elevato di violazione dei requisiti per la sostenibilità, tra i quali anche il litio e il cobalto. 

Il cobalto nella fattispecie è un elemento cruciale nella produzione di batterie agli ioni di litio ad alta energia, il modello più attualmente impiegato nella costruzione di veicoli elettrici. Le aziende specializzate nella produzione di auto elettriche, però, possono confrontarsi soltanto con pochi fornitori di questo materiale, disponibile in scarse quantità e per lo più concentrate nelle miniere della Repubblica del Congo, uno degli Stati africani più economicamente e politicamente instabili.

Attualmente la proprietà di produzione è dominata dalla Cina, che controlla tutta la filiera e le forniture che ruotano intorno al mercato delle batterie. Secondo il settimanale inglese The Economist, la Cina ad oggi produce circa il 69% delle batterie agli ioni di litio in tutto il mondo e le 14 miniere di cobalto più grandi della Repubblica Democratica del Congo sono di proprietà cinese. 

Per affrontare questo tema, molte aziende si sono attivate con iniziative specifiche. Tra i costruttori, ad esempio, Volkswagen si è posta l’obiettivo di tracciare a monte la catena di fornitura delle materie prime sin dall’estrazione, identificando tutti i fornitori e mettendo in evidenza i rischi legati alla sostenibilità. Per affrontare questo processo sta sperimentando tecnologie innovative che mirano a rendere il processo di approvvigionamento dei minerali uniforme e trasparente, pressoché in tempo reale. I dati forniti durante ogni fase di lavorazione non potranno essere eliminati o modificati successivamente, e questo dalla miniera fino allo stabilimento Volkswagen.

Soluzioni alternative all’utilizzo del cobalto sono studiate ad esempio da una famosa casa produttrice cinese di batterie, la Contemporary Amperex Technology (CATL), attualmente impegnata nella realizzazione di un nuovo tipo di generatore elettrico che non contenga cobalto né altre risorse rare. Il progetto è ancora in fase di sperimentazione ma qualora si riuscisse a rimuovere le risorse più costose nella produzione delle attuali batterie agli ioni di litio, si abbatterebbero in maniera significativa i costi di produzione di veicoli elettrici, rendendoli di fatto più accessibili. 

A muoversi in questa direzione anche la Foxconn, multinazionale asiatica nota al grande pubblico soprattutto per la produzione di iPhone. Gli obiettivi della società sono ambiziosi perché al centro dei loro progetti futuri risiede lo sviluppo di un tipo di batteria allo stato solido, composta da un elettrolita solido anziché liquido, grazie al quale sarà possibile aumentare la capacità del generatore di produrre energia rispetto alle dimensioni dell’auto. Queste batterie presentano dimensioni più compatte e consentono quindi di contenere meglio le temperature rispetto alle batterie agli ioni di litio. Foxconn ha dichiarato che entro il 2024 commercializzerà batterie allo stato solido con lo scopo di conquistare velocemente quote di mercato.

Fase di riciclo dei materiali 

Le auto elettriche producono zero emissioni durante l’utilizzo su strada ma, nell’ambito del ciclo di vita complessivo della vettura occorre considerare appunto la produzione delle batterie, l’elettricità con cui queste si ricaricano e, infine, il loro smaltimento. Le batterie elettriche infatti non sono prodotti idonei per essere compattati e assemblati in discarica proprio a causa della forte concentrazione di sostanze nocive contenute negli accumulatori. 

Secondo una stima di IDTechEx, entro il 2030 ci saranno più batterie a fine vita di auto elettriche, che forniranno quindi al settore automobilistico il loro potenziale di accumulo energetico e questo può creare diverse opportunità di business. 

In Italia si sta sviluppando, grazie al servizio efficiente da parte di aziende come COBAT (Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo) e il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Firenze, il processo per il recupero a fine vita dei materiali preziosi contenuti nelle batterie, come il litio, nichel, cobalto e manganese, individuando partner industriali che puntino a far rimanere in Italia l’innovazione, facendo nascere il primo impianto di recupero. 

Più che di smaltimento, pertanto, è più corretto parlare di “riutilizzo” delle batterie elettriche in quanto queste hanno la capacità di risultare ancora funzionanti anche con una capacità di accumulo energetico ridotta. 

Un modo su come sfruttare le batterie di seconda vita lo hanno messo in atto diverse case produttrici: già nel 2009 Volkswagen ha lanciato il progetto di ricerca LithoRec, che ha come obiettivo il riciclo delle batterie agli ioni di litio.

Renault, insieme a Connected Energy, sta lavorando alla seconda vita delle batterie finalizzata a energy storage, per le rinnovabili.

La Nissan, in collaborazione con Sumitomo Corporation, sta avviando il primo impianto giapponese specializzato nel riuso e riciclo delle batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici.

Autonomia della batteria

Aumentare la durata della batteria è fondamentale per fare in modo che le auto elettriche possano viaggiare a una certa velocità per più chilometri tra una ricarica e l’altra. Trovare un modo più efficiente per rallentare il loro naturale processo di decadimento è attualmente di vitale importanza perché, proprio come l’utilizzo di un normale dispositivo elettronico, la capacità della batteria si degrada, sia a causa del regolare utilizzo sia a causa del trascorrere del tempo. Ciò vuol dire che l’autonomia di un veicolo elettrico si riduce lentamente ma costantemente e ad oggi uno degli obiettivi principali delle case produttrici di auto elettriche risiede proprio nel rallentare il più possibile questo inevitabile processo di deterioramento.

Tesla, la più influente azienda statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche, ha annunciato un nuovo tipo di batteria che dovrebbe immagazzinare cinque volte l’energia ed essere sei volte più potente, consentendo un aumento del 16% dell’autonomia dei veicoli. L’azienda produrrà interamente queste batterie che, secondo il CEO Elon Musk, saranno molto meno costose e ridurranno di conseguenza il prezzo dei veicoli elettrici. Musk ha specificato che Tesla sta ancora testando questa nuova generazione di batterie e di essere "quasi pronta" per la loro produzione reale. Nel settore delle auto elettriche la maggior parte dei produttori considera la batteria come a fine vita quando non può più contenere più dell’80% della sua capacità di carica originale: ad oggi, i produttori tendono a garantire le proprie batterie per 8 anni o 100.00 chilometri.

La californiana NDB, si è posta l’ambizioso obiettivo di sviluppare delle batterie le cui celle possano durare per 28.000 anni con una sola ricarica, sfruttando l’energia delle scorie nucleari. L’azienda ha creato delle batterie a nano-diamanti che si comportano come minuscoli generatori utilizzando il materiale radioattivo avanzato dai reattori nucleari per creare energia elettrica. NDB purifica la grafite, altamente radioattiva e pericolosa se lasciata allo stato originale, utile per creare strati di dinamite rivestiti di carbonio che fungono da protezione anti-manomissione. I livelli di radiazione emessi dalla batteria risultano essere inferiori rispetto alla radiazione del corpo umano, rendendo così le batterie sicure nel loro utilizzo. Questo tipo di struttura a strati sarebbe sfruttabile per qualsiasi tipo di batteria di dimensioni standard e la loro lunga durata le renderebbe perfette non solo per auto elettriche ma anche per altri dispositivi quali i pacemaker. L'azienda sostiene che la sua tecnologia può essere scalata, e potrebbe essere usata per rendere i pacchi batteria adatti ad un'auto elettrica che dura fino a 90 anni.

Un’altra azienda attiva nell’aumentare l’autonomia della batteria e nell’abbattere i costi dei veicoli elettrici è la NIO, una casa automobilistica cinese attiva dal 2014 con sede a Shanghai e specializzata nella progettazione di veicoli elettrici.

La NIO ha lanciato il progetto NO BaaS, o Battery-as-a-Service, che prevede un sistema di sostituzione delle batterie dei veicoli. I driver avranno la facoltà di acquistare un’auto senza batteria, pagandola poi a parte, attraverso il versamento di un canone mensile. BaaS sembra essere una soluzione sistematica ai limiti ad oggi esistenti per la penetrazione dei veicoli elettrici, tra cui il degrado della batteria, l’aggiornamento della batteria e il valore di rivendita inferiore. Di recente inoltre la compagnia ha presentato una nuova batteria con capacità di 100 kWh che andrà a migliorare la performance dell’auto rispetto alle precedenti batterie da 70 o 84 kWh, sufficienti per percorrere 410 e 510 km di distanza. L’aumento di capacità, senza incrementare le dimensioni della batteria, è reso possibile grazie alla nuova tecnologia con cui sono collegate le celle al litio: la cell-to-pack. Tale sistema prevede l’inserimento di tutte le celle, collegate tra loro senza divisione in moduli, che formano direttamente il pacco batteria finale con relativo risparmio di spazio e aumento delle densità energetica per volume e peso. Le batterie con divisione in moduli invece, pur essendo più facilmente riparabili grazie alla sostituzione di un singolo modulo, presentano una densità energetica minore poiché parte del volume è occupato da componenti utilizzati per collegare i moduli e che non contribuiscono dunque a fornire energia. Inoltre, la nuova batteria non sarà solo presentata come una nuova possibilità di configurazione in fase d’acquisto, ma verrà anche proposta ai vecchi proprietari in sostituzione delle batterie precedenti, con l’obiettivo di aumentare l’autonomia dell’auto fino a 615 km di percorrenza.

Interessante e innovativo anche il modello della start up italocinese XEV, che produce veicoli full electric con stampanti 3D il cui obiettivo è ridurre l’inquinamento, offrendo allo stesso tempo costi contenuti e possibilità di molteplici personalizzazioni.

Ne è un esempio la nuova YOYO, la microcar elettrica stampata in 3D ideale per il traffico cittadino (80 all’ora di velocità massima, 150 chilometri di autonomia per 450 chili di peso) sulla quale è stato implementato l’innovativo sistema di “swapping battery”: YOYO infatti monta una batteria suddivisa in tre moduli batteria più piccoli, facilmente accessibili dal retro dell'auto per una facile rimozione e sostituzione. In questo modo, il cliente ha la possibilità di utilizzare l'auto elettrica senza preoccuparsi di dove ricaricarla (soprattutto in considerazione del fatto che, a fronte della crescita del numero di auto elettriche nelle città, l'accesso alla ricarica pubblica resta ancora molto limitato). Questo sistema di sostituzione della batteria non è progettato per l'uso diretto da parte del cliente, che per utilizzarlo dovrà appoggiarsi a un Centro Servizi XEV. YOYO inoltre ha un ulteriore importante vantaggio, essendo al 95% riciclabile, dal sistema elettronico, alle sue componenti esterne e interne, fino al telaio. Questo rispetta la direttiva 2000/53 CE del Parlamento Europeo sulla raccolta trattamento e riciclo dei veicoli a fine vita, in piena osservanza dei principi dell’economia circolare.

Infrastrutture di ricarica

Un’altra importante criticità che scoraggia l’adozione di veicoli elettrici è la carenza dell’infrastruttura a supporto, ovvero delle stazioni di ricarica.

Secondo uno studio realizzato da Motus-E, associazione che lavora per favorire la transizione verso l’e-mobility in Italia, oggi sono presenti sul territorio nazionale 13.721 punti di ricarica in 7.203 stazioni accessibili al pubblico. La ripartizione media è del 73% per le infrastrutture pubbliche ad accesso pubblico e del 27% su suolo privato a uso pubblico. Rispetto allo scorso anno, si registra una crescita media del 33% che, seppur significativa, ancora mostra la forte disparità tra Nord e Sud con la metà delle colonnine concentrata in cinque regioni settentrionali (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Trentino e Veneto). 

Il futuro della mobilità elettrica è legato indissolubilmente alla rete delle infrastrutture di ricarica. Gli altri fattori di scelta a questa tipologia di veicoli, ovvero il prezzo, le batterie e l’autonomia, sono tutti elementi che negli ultimi anni hanno registrato enormi evoluzioni grazie al repentino sviluppo della tecnologia, ma ciò che realmente consente l’accesso più sistematico e funzionale a questo tipo di prodotto è la possibilità da parte degli utenti di potersi spostare con facilità, affrontando anche distanze più lunghe e potendo quindi ricaricare il proprio veicolo sia fuori città sia in spazi privati, come in garage o nei parcheggi condominiali.

L’entrata in vigore dell’Ecobonus per gli incentivi all’acquisto di veicoli a ridotte emissioni ha indubbiamente favorito la crescita del mercato della mobilità elettrica in Italia nel 2020, ma si tratta ancora di numeri relativi, soprattutto se paragonati ad altri mercati europei che già lo scorso anno facevano registrare dati importanti: per quanto riguarda le immatricolazioni, a fine 2019 la Svezia registrava una crescita del +50,8% (per un totale di 12.604 unità), la Francia un +31,7% (19.112 unità), il Regno Unito un +64.1% (24.722 unità), i Paesi Bassi un +182,4% (33.212 unità) e infine in testa assoluta la Germania, che faceva registrare un +97% e ben 34.297 auto elettriche.

La Transport & Environment (T&E), organizzazione ambientalista organizzata in ambito europeo, calcola che, per arrivare a essere carbon neutral nel 2050, l’Europa dovrà vedere circolare sulle strade 44 milioni di veicoli elettrici già nel 2030 con la presenza di almeno 3 milioni di stazioni di ricarica. Attualmente si calcolano in Europa solo 185.000 colonnine poiché si investe appena il 3% della spesa pubblica sulle infrastrutture stradali in Europa, un impegno decisamente troppo basso per raggiungere un livello di diffusione dell’elettrico rilevante. 

L’azienda automobilistica tedesca Audi contribuisce allo sviluppo delle vetture elettriche sul territorio europeo puntando i riflettori sull’integrazione dell’auto nella rete elettrica domestica grazie a un innovativo progetto di ricarica bidirezionale in combinazione con un impianto fotovoltaico. Questo sistema permette di immagazzinare l’elettricità fotovoltaica in eccesso per produrla successivamente in base alle necessità: la batteria ad alto voltaggio dell'auto elettrica non solo viene caricata tramite il caricabatteria a muro in casa, ma può anche fornire energia all’abitazione come mezzo di immagazzinamento decentralizzato. L’auto elettrica funge pertanto da accumulatore temporaneo per l’elettricità ecologica generata in casa cosicché, al tramontare del sole, il veicolo può fornire l’elettricità accumulata all’abitazione. La ricarica bidirezionale in casa - nota anche come Vehicle to Home (V2H) - ha un grande potenziale per ridurre i costi dell'elettricità del proprietario e aumentare la stabilità della rete, fornendo un’indipendenza energetica quasi totale e una maggiore sicurezza di approvvigionamento in caso di blackout.

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Team Circular Mobility

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